La linea curva è strutturante nello spazio teatrale. Essa ha una motivazione funzionale, raduna lo spazio della scena con quello del pubblico e risolve le esigenze acustiche e di visibilità. La pianta di un qualsiasi teatro all’italiana presenta la sala con una forma “a ferro di cavallo” che è il risultato di un lungo processo di affinamento per trovare la forma ideale dal punto di vista acustico e visivo che stabilisca delle convergenze reciproche tra scena e pubblico, particolarmente adatta per il teatro lirico e anche per la prosa. Lo spazio del palcoscenico, pur presentando una pianta fondamentalmente rettangolare, viene utilizzato per la scenografia nella sua porzione centrale. L’impianto scenico risulta inscritto in un cono dove tutti gli elementi devono essere visibili, con maggiore o minore godibilità, da tutti i posti della sala, platea, palchi e gallerie. La pianta e la sezione di un teatro, e il progetto della scenografia di ogni singolo spettacolo, sono assoggettate ad un sofisticato controllo dei cosiddetti “traguardi”. Nella concezione delle scenografie di ogni epoca, con un significativo incremento dal Barocco in avanti, la linea curva assume anche un ruolo importante nel dare soluzioni alla dimensione spazio/temporale complessa imposta dalla drammaturgia. Un caso emblematico, tra i tanti sistemi di cambi di scena a vista, è l’adozione del “girevole” e del “doppio girevole”, un’estensione dei periaktoy greci, una pedana mobile di forma circolare talvolta integrata al piano di palcoscenico, che delinea traiettorie rotatorie concentriche degli elementi della pianta. Una macchina scenica illusoria nella quale lo spettatore, che può vedere una porzione del girevole dentro il boccascena, viene idealmente risucchiato nella dimensione ciclica del tempo passato, presente e futuro, o nella simultaneità delle situazioni sceniche che si sovrappongono. Nella danza classica le coreografie sono impostate su una concertazione di movimenti che disegnano anch’esse traiettorie curvilinee dinamiche, nella danza moderna (si pensi al lavoro svolto da Oscar Schlemmer in particolare con il Triadisches Ballet) il movimento dei danzatori crea una geometria del movimento sottolineata dai costumi, fino alle frontiere della danza contemporanea con le sperimentazioni sulla motion captures, dove i danzatori indossano dei sensori che trasmettono la geometria del proprio movimento ad un software che riproduce le traiettorie dei movimenti sulla scena. Nel cinema è il movimento della telecamera che determina il linguaggio espressivo dell’opera, affidata al regista e al direttore della fotografia. Non mancano esempi di virtuosismo dove lo spazio curvo viene esaltato dal movimento della telecamera (tra i classici: l’inseguimento in una rampa circolare di un parcheggio, le riprese dall’alto di una scala a chiocciola, o con risvolti psicanalitici che trovano nel “vortice” una forma analogica efficace per rappresentare incubi ed ossessioni. E si pensi all’uso del movimento in curva della telecamera in molti film di Alfred Hitchcock: in “Notorius” del 1946 le riprese lungo la scalinata curvilinea della casa vittoriana esprimono tensione e paura, così come in “Sunset Boulevard” del 1950 diretto da Billy Wilder, la ripresa della lenta discesa in curva di Norma Desmond, la diva del muto sul viale del tramonto, riesce a sintetizzare il dramma e la follia della protagonista, e va ben al di là di una riflessione acutissima sulla precarietà del successo raccontando in modo eccelso il grande tema del declino al quale ognuno di noi inevitabilmente si dirige. In sintesi, credo che il tema della curva si esprima al meglio nell’arte dello spettacolo nei suoi significati vitali, legati ai valori simbolici che la curva ha sempre espresso nell’arte, dalla scultura, alla pittura e in architettura.

Traiettorie curvilinee tra architettura, teatro, cinema e design / Zammerini, Massimo. - (2019), pp. 237-252.

Traiettorie curvilinee tra architettura, teatro, cinema e design

Massimo Zammerini
2019

Abstract

La linea curva è strutturante nello spazio teatrale. Essa ha una motivazione funzionale, raduna lo spazio della scena con quello del pubblico e risolve le esigenze acustiche e di visibilità. La pianta di un qualsiasi teatro all’italiana presenta la sala con una forma “a ferro di cavallo” che è il risultato di un lungo processo di affinamento per trovare la forma ideale dal punto di vista acustico e visivo che stabilisca delle convergenze reciproche tra scena e pubblico, particolarmente adatta per il teatro lirico e anche per la prosa. Lo spazio del palcoscenico, pur presentando una pianta fondamentalmente rettangolare, viene utilizzato per la scenografia nella sua porzione centrale. L’impianto scenico risulta inscritto in un cono dove tutti gli elementi devono essere visibili, con maggiore o minore godibilità, da tutti i posti della sala, platea, palchi e gallerie. La pianta e la sezione di un teatro, e il progetto della scenografia di ogni singolo spettacolo, sono assoggettate ad un sofisticato controllo dei cosiddetti “traguardi”. Nella concezione delle scenografie di ogni epoca, con un significativo incremento dal Barocco in avanti, la linea curva assume anche un ruolo importante nel dare soluzioni alla dimensione spazio/temporale complessa imposta dalla drammaturgia. Un caso emblematico, tra i tanti sistemi di cambi di scena a vista, è l’adozione del “girevole” e del “doppio girevole”, un’estensione dei periaktoy greci, una pedana mobile di forma circolare talvolta integrata al piano di palcoscenico, che delinea traiettorie rotatorie concentriche degli elementi della pianta. Una macchina scenica illusoria nella quale lo spettatore, che può vedere una porzione del girevole dentro il boccascena, viene idealmente risucchiato nella dimensione ciclica del tempo passato, presente e futuro, o nella simultaneità delle situazioni sceniche che si sovrappongono. Nella danza classica le coreografie sono impostate su una concertazione di movimenti che disegnano anch’esse traiettorie curvilinee dinamiche, nella danza moderna (si pensi al lavoro svolto da Oscar Schlemmer in particolare con il Triadisches Ballet) il movimento dei danzatori crea una geometria del movimento sottolineata dai costumi, fino alle frontiere della danza contemporanea con le sperimentazioni sulla motion captures, dove i danzatori indossano dei sensori che trasmettono la geometria del proprio movimento ad un software che riproduce le traiettorie dei movimenti sulla scena. Nel cinema è il movimento della telecamera che determina il linguaggio espressivo dell’opera, affidata al regista e al direttore della fotografia. Non mancano esempi di virtuosismo dove lo spazio curvo viene esaltato dal movimento della telecamera (tra i classici: l’inseguimento in una rampa circolare di un parcheggio, le riprese dall’alto di una scala a chiocciola, o con risvolti psicanalitici che trovano nel “vortice” una forma analogica efficace per rappresentare incubi ed ossessioni. E si pensi all’uso del movimento in curva della telecamera in molti film di Alfred Hitchcock: in “Notorius” del 1946 le riprese lungo la scalinata curvilinea della casa vittoriana esprimono tensione e paura, così come in “Sunset Boulevard” del 1950 diretto da Billy Wilder, la ripresa della lenta discesa in curva di Norma Desmond, la diva del muto sul viale del tramonto, riesce a sintetizzare il dramma e la follia della protagonista, e va ben al di là di una riflessione acutissima sulla precarietà del successo raccontando in modo eccelso il grande tema del declino al quale ognuno di noi inevitabilmente si dirige. In sintesi, credo che il tema della curva si esprima al meglio nell’arte dello spettacolo nei suoi significati vitali, legati ai valori simbolici che la curva ha sempre espresso nell’arte, dalla scultura, alla pittura e in architettura.
2019
Le linee curve per l'architettura e il design
9788891794000
architettura; cinema; curva
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Traiettorie curvilinee tra architettura, teatro, cinema e design / Zammerini, Massimo. - (2019), pp. 237-252.
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